GREENWASHING: COME DIFENDERSI
Un termine che ultimamente viene spesso usato, Alessandra Tedeschi ci spiega bene di cosa si tratta.
Sempre più aziende utilizzano la pratica del Greenwashing per ottenere approvazione e fiducia di consumatori sempre più attenti ad ambiente e sostenibilità.
Ma che cos’è davvero il Greenwashing e come ci si può difendere?
Greenwashing: ecologismo o ambientalismo di facciata
Il termine Greenwashing viene generalmente tradotto come ecologismo o ambientalismo di facciata. In sostanza si tratta di una strategia di marketing che numerose imprese, organizzazioni o istituzioni politiche adottano al fine di costruirsi un’immagine positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale.
Spesso la pratica del Greenwashing viene però posta in essere proprio da quelle aziende i cui prodotti hanno un rilevante impatto ambientale.
Il Greenwashing serve infatti a distogliere l’opinione pubblica dai danni ambientali causati dalle attività o dai prodotti dell’azienda che si pubblicizza come Green.
Una pratica scorretta quindi, che intercetta le aspettative del consumatore e lo attira nella trappola dell’ambientalismo di facciata.
Storia del Greenwashing
Come nasce il termine Greenwashing?
Il termine Greenwashing deriva dalle parole anglosassoni green (verde) e washing (lavare) e sta ad indicare un lavaggio verde, ossia una spennellata superficiale di verde.
Il termine risale al 1986, quando l’ambientalista americano Jay Westerveld denunciò la pratica delle catene alberghiere che, per ridurre i costi del lavaggio della biancheria, strumentalizzarono la questione ambientale invitando i clienti a ridurre il consumo degli asciugamani.
Negli ultimi decenni il Greenwashing si è notevolmente intensificato ed è cresciuto di pari passo con la presa di coscienza del consumatore in merito ad ambiente e sostenibilità.
Più il consumatore presta attenzione all’impatto ambientale dei propri consumi, più le aziende cavalcano l’onda e si autopromuovono come amiche dell’ambiente.
Allo stesso modo, le istituzioni e i governi strumentalizzano ambiente e sostenibilità per raccogliere consensi e portare avanti le loro istanze, che spesso di Green non hanno proprio nulla.
Legislazione italiana in materia di Greenwashing
In Italia fino al 2014 non esisteva un riferimento legislativo specifico per il Greenwashing. Il controllo era affidato all’Antitrust sotto la disciplina della “pubblicità ingannevole”.
E’ solo con l’edizione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale del 2014 che si ha un primo riferimento all’abuso di diciture che richiamino la tutela ambientale:
“La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono”.
Come difendersi dal Greenwashing?
Per difendersi dal Greenwashing è bene non farsi trarre in inganno dalle pubblicità che dipingono l’azienda di turno come Green o Eco friendly ed è anche opportuno non fermarsi acriticamente alle etichette che certificano l’aderenza delle aziende ai regimi di tutela ambientale e risparmio energetico.
A volte infatti è proprio lì che si cela l’inganno.
Occorre pertanto informarsi in rete, dove è possibile reperire informazioni, oltre che sulla credibilità dell’impresa, anche sulla veridicità delle certificazioni e sui criteri di assegnazione delle certificazioni stesse.
Numerosi sono i siti on line di consumatori che denunciano il Greenwashing, tra i quali Il Fatto Alimentare, The sins of the Greenwashing, GreenWikia.
Dunque semaforo verde al Green, ma che non sia solo di facciata.
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Alessandra Tedeschi
Milano, 09/07/2022