CELEBRITA’ CHE SI MOBILITANO CONTRO GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
Da Hollywood artisti dalla nostra parte
Celebrità del calibro di Moby, Joaquin Phoenix e Billie Eilish esortano i leader mondiali, a colloquio sul clima, a porre un freno agli allevamenti intensivi.
Ne da notizia un articolo pubblicato su “The Independent”, noto quotidiano britannico online.
Le celebrità, tutte vegane, hanno scritto al deputato Alok Sharma, presidente della conferenza Cop26, chiedendo a lui e ad altri delegati di “riconoscere formalmente e pubblicamente il ruolo degli allevamenti come una delle maggiori cause del cambiamento climatico”.
18 celebrità
Le altre celebrità che hanno firmato la lettera sono: Ricky Gervais, Joanna Lumley, Deborah Meaden, la star di Harry Potter Evanna Lynch, la cantante Leona Lewis, Chris Packham, gli attori Alicia Silverstone, Alan Cumming e Daisy Ridley, la cantautrice Alesha Dixon, la modella Lily Cole, i cantanti Finneas O’Connell e James McVey e la star dei reality TV Lucy Watson.
Allevamenti intensivi: seconda causa di inquinamento
Le celebrità sostengono che gli allevamenti intensivi dovrebbero essere nell’agenda della Cop26 perché sono la seconda fonte di emissioni di anidride carbonica, dopo i combustibili fossili.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite afferma infatti che il bestiame rappresenta il 14,5% delle emissioni di anidride carbonica. Secondo altre ricerche sfiorerebbe addirittura il 16,5%.
Tale livello di emissioni corrisponde al livello prodotto da tutti i mezzi di trasporto esistenti al mondo messi insieme.
La lettera di Humane Society International
La lettera, coordinata da Humane Society International e Humane Society UK e visionata da “The Independent”, recita quanto segue: “Considerando che gli allevamenti intensivi sono una delle fonti principali di emissioni di gas serra, è impossibile raggiungere gli obiettivi stabiliti nell’accordo di Parigi senza apportare modifiche al nostro sistema alimentare globale. Anche se tutte le altre principali fonti di emissioni fossero eliminate, non saremo ancora all’altezza degli obiettivi stabiliti.
Chiediamo all’UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) di riconoscere formalmente e pubblicamente il ruolo degli allevamenti intensivi come una delle maggiori cause del cambiamento climatico e di favorire maggiormente il dialogo”.
Le proposte individuate nella lettera sono: spostare i sussidi dagli allevamenti intensivi a un’agricoltura più sostenibile, offrire incentivi per sviluppare alternative agli allevamenti intensivi e modificare le priorità degli appalti nel settore pubblico.
“The Independent” ha chiesto all’UNFCCC di rispondere alle richieste della lettera.
La dichiarazione di Moby
Moby ha dichiarato: “la scienza non ha dubbi sul fatto che l’adozione di una dieta a base vegetale sia una delle azioni più efficaci che possiamo intraprendere per evitare un catastrofico cambiamento climatico. Quindi, se vogliamo proteggere il nostro pianeta, dobbiamo includere l’allevamento intensivo di animali nelle strategie di mitigazione del cambiamento climatico. Cop26 è una delle nostre ultime possibilità per riformare i nostri sistemi alimentari globali”.
Gli studi
Almeno 88 miliardi di animali terrestri vengono allevati e macellati ogni anno a livello globale per l’alimentazione. Essi occupano quasi l’80% della superficie agricola globale ma producono meno di un quinto delle calorie mondiali.
Gli allevamenti intensivi sono anche un’importante causa di deforestazione, estinzione delle specie, degrado del suolo, inquinamento ed esaurimento delle risorse idriche. La produzione di carne, latte e uova richiede infatti enormi quantità di acqua, tre volte più di quanta ne richieda la produzione di cereali.
Per questi motivi gli allevamenti intensivi rappresentano un sistema a lungo criticato dagli esperti in quanto altamente inefficiente.
Una serie di rapporti ha concluso inequivocabilmente che il consumo di carne deve essere ridotto per contenere le emissioni di CO2.
Scienziati di fama mondiale dell’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) hanno persino lanciato l’idea di una tassa sulla carne.
Inoltre, uno studio del 2019 prevede che entro il 2030 il settore degli allevamenti intensivi rappresenterà quasi la metà delle emissioni di anidride carbonica sufficienti a far aumentare la temperatura di 1,5°C.
The Cow in the Room
La campagna per Cop26 è stata soprannominata “The Cow in the Room”, un gioco di parole sulla famosa frase “The Elephant in the Room”, perché Humane Society International afferma che la conferenza sta ignorando il secondo fattore più grande della crisi climatica. Ossia l’allevamento intensivo di animali a scopo alimentare.
Alessandra Tedeschi
Milano, 21/10/2021 – GC