SPECIE SELVATICHE A RISCHIO
I rapporti IPBES e FAO svelano quali sono le specie selvatiche a rischio – Articolo di Alessandra Tedeschi
Le specie selvatiche sono fondamentali per la biodiversità e per la sicurezza alimentare mondiale. Il rapporto IPBES sulla biodiversità denuncia che 50.000 specie selvatiche sono a rischio, mentre il rapporto FAO sottolinea la vulnerabilità delle piante selvatiche da cui dipende la sicurezza alimentare di circa un miliardo di persone.
Ne da notizia un articolo pubblicato su Il giornale del cibo.
Rapporto IPBES sulla biodiversità
Il Rapporto pubblicato a luglio dall’IPBES, Piattaforma intergovernativa scientifica e politica sulla biodiversità e gli ecosistemi delle Nazioni Unite, è un documento importantissimo sullo stato della biodiversità, in particolare delle specie selvatiche.
Secondo il rapporto, frutto di un lavoro durato quattro anni e curato da 82 scienziati, 50.000 specie selvatiche vengono usate dall’uomo come cibo, fonte di energia, fabbricazione di medicine, materiali per costruzione e molto altro, tra cui:
- circa 7.500 specie sono pesci selvatici e invertebrati acquatici;
- 31.100 piante selvatiche, di cui 7.400 specie sono alberi;
- 1.500 specie di funghi;
- 1.700 specie di invertebrati terrestri selvatici;
- 7.500 specie di anfibi selvatici, rettili, uccelli e mammiferi.
Tra queste specie, oltre il 20%, ossia più di 10.000 specie, è impiegato per l’alimentazione umana.
La sopravvivenza e il mantenimento della biodiversità è cruciale per gran parte dell’umanità. Secondo Maria Emery, una dei tre supervisori del rapporto IPBES, “il 70% dei poveri del mondo dipende direttamente dalle specie selvatiche”.
Inoltre, per una persona su cinque, piante, alghe e funghi selvatici sono fondamentali per sostentamento e reddito.
Sovrasfruttamento delle risorse
Secondo il rapporto IPBES, il problema principale è costituito dal sovrasfruttamento delle risorse naturali.
Circa il 34% degli stock ittici marini selvatici è sovra sfruttato. La caccia insostenibile è stata identificata come una minaccia per 1.341 specie di mammiferi selvatici. Circa il 12% delle specie arboree selvatiche è minacciato dal disboscamento e dalla raccolta insostenibile.
Il commercio illegale di specie selvatiche è il terzo commercio più redditizio al mondo dopo la tratta di esseri umani e il traffico di stupefacenti, con valori annuali stimati tra i 69 e i 199 miliardi di dollari.
Inoltre, a mettere a rischio gli habitat delle specie selvatiche, si aggiungono i cambiamento climatici che comportano fenomeni sempre più estremi quali siccità, temperature estreme, piogge torrenziali, inondazioni ecc.
Rapporto FAO sulle piante selvatiche
Il Rapporto della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha preso in considerazione 12 piante selvatiche e ha valutato rischi e opportunità del loro commercio. Queste piante selvatiche finiscono infatti come ingrediente in migliaia di prodotti di largo consumo.
- Le noci del Brasile vengono raccolte da alberi ad alto fusto nella regione amazzonica. Questi alberi svolgono un ruolo importante nell’ecosistema ma sono sempre più minacciati dalla deforestazione.
- Il burro di karitè è utilizzato come ingrediente delle creme o lozioni per il corpo. In realtà il burro di karitè è uno degli oli vegetali commestibili più antichi al mondo e viene consumato da millenni. Esso è tradizionalmente raccolto dalla popolazione femminile della “cintura di karité” in Africa e la sua raccolta contribuisce al reddito di circa tre milioni di donne. Essendo ricco di grassi sani, il burro di karitè è spesso utilizzato come equivalente del burro di cacao, nei prodotti da forno o nei gelati.
- La gomma arabica è un ingrediente essenziale della soda. La gomma arabica proviene dalla linfa di due specie di alberi di acacia che si trovano nella regione del Sahel in Africa. Questi alberi svolgono un ruolo importante in quanto combattono la desertificazione e integrano il reddito dei raccoglitori, ma purtroppo i cambiamenti climatici ne stanno minacciando la sopravvivenza.
- La liquirizia viene estratta dalle radici dell’erba perenne di liquirizia e si trova nelle tisane e negli infusi. Ma la liquirizia è anche un additivo importante utilizzato nei prodotti dell’industria del tabacco. Essa proviene principalmente dalle comunità rurali dell’Uzbekistan e dell’Azerbaigian che hanno spesso proprio nella raccolta della liquirizia la loro unica fonte di reddito. Purtroppo la raccolta della liquirizia alimenta forme di schiavitù.
- Il ginepro è un ingrediente chiave nella produzione di gin. Esso è spesso raccolto dalle comunità emarginate dell’Europa orientale. Purtroppo anche la raccolta del ginepro alimenta forme di sfruttamento e lavoro minorile.
Sovrasfruttamento e perdita di habitat
Il rapporto FAO evidenzia che la domanda di ingredienti di piante selvatiche è cresciuta di oltre il 75% negli ultimi venti anni. Pertanto migliaia di specie raccolte sono minacciate da sovrasfruttamento e perdita di habitat. Molte piante medicinali e aromatiche sono dunque a rischio estinzione.
Una gestione sostenibile è possibile?
Una parte importante di entrambi i rapporti, IPBES e FAO, è dedicata alle soluzioni per cercare di contrastare la perdita di biodiversità e al tempo stesso tutelare le comunità per cui queste specie selvatiche sono così fondamentali.
I rapporti propongono consigli specifici per ciascuna delle aree di sfruttamento. Tra le soluzioni consigliate, particolarmente importanti sono la riduzione della pesca illegale, l’introduzione di certificazione per l’uso delle risorse forestali e una redistribuzione equa dei ricavi legati allo sfruttamento della biodiversità.
I rapporti auspicano anche una maggiore trasparenza e tracciabilità per garantire una sostenibilità maggiore della filiera.
Inoltre, nella gestione delle specie selvatiche occorre tenere in considerazione la conoscenza dei popoli indigeni, veri e propri “custodi della natura”, in grado con i loro valori (tra i quali rispetto della natura, gestione sostenibile dei raccolti, distribuzione equa) di mantenere un sano equilibrio uomo-natura e di conseguenza di tutelare quella stessa biodiversità che l’uomo moderno sta distruggendo.
Alessandra Tedeschi