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10 DICEMBRE, GIORNATA DI DIRITTI

Oggi, 10 dicembre è la giornata della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo" adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 e scegliendo questa data abbatte simbolicamente le differenze di chi auspica un futuro di giustizia e diritti per tutti i viventi. Anche gli animali sono esseri viventi e come tali hanno i loro diritti, ecco dunque che movimenti, associazioni e un numero sempre crescente di cittadini chiedono la modifica delle leggi perché gli animali da oggetti possano essere finalmente considerati soggetti e per tutti oggi è anche la "Giornata Internazionale dei diritti degli Animali". 

In quanto senzienti, gli animali sono portatori di diritti che non possono reclamare, sopraffatti da una umanità che domina, sfrutta, abusa, viviseziona, addestra, esibisce, schiavizza, alleva, caccia, pesca, mangia, abbandona, sevizia, tortura, spenna e scuoia per vestirsene. 

In questa giornata dedicata ai diritti degli animali, proponiamo una interessante riflessione sulle leggi che li riguardano fatta dall'avvocato David Zanforlini, in occasione del convegno nazionale dello scorso 8 ottobre a Ferrara dedicato alla fine della sperimentazione animale oerganizzato da  LEAL Lega Antivivisezionista. 

"Forse che gli animali hanno diritti?"

E’ una domanda che può sembrare strana, ma non è certo nuova, basti pensare a quanti Pensatori e Santi, nel corso dei secoli, hanno messo in discussione la assoluta supremazia dell’Uomo. E’ nuova, invece, la diffusa attenzione che la pubblica opinione, sempre più numerosa, presta a questo problema.E allora vorrei esprimere anch’io, fra i tanti, la mia modesta opinione sul tema, più un metodo operativo, che un pensiero innovativo.

Per iniziare, direi che si può ritenere un dato comune e condiviso il fatto che ripugni ai più una qualunque azione di maltrattamento o, ancor peggio, di uccisione ingiustificata di qualsiasi animale. Non solo, ma anche la legge penale punisce (ritenendolo fra l’altro un delitto e non più una semplice contravvenzione), chi violi il precetto imposto dagli artt. 544 bis e ter del Codice Penale italiano.

Si dirà: certo viene tutelato il sentimento degli uomini per gli animali (544 bis e ter Cp), o il loro costume (sempre dell’uomo si intende – 727 Cp), perché solo gli esseri umani meritano una tutela costituzionale dei loro diritti.

Ma siamo certi che sia proprio così? Faccio un esempio per spiegare meglio ciò che intendo dire: la recente legge che ha costituito gli “Ecoreati” ha avuto, fra gli altri, anche il pregio indiscutibile di mettere in pratica la tutela di un “diritto non umano”, cioè il diritto proprio dell’Ambiente ad essere tutelato. Perciò a fianco del diritto alla salute, al lavoro, alla famiglia ecc., tutti diritti della persona umana, esiste anche il diritto dell’Ambiente ad essere tutelato dagli esseri umani (ovviamente non si può difendere da solo).

Non è una cosa da poco: alle soglie dell’anno 2000 (l’inserimento della Tutela dell’Ambiente nella Costituzione italiana – art. 117, lett. S – risale al 2001) si è cominciato a mettere in pratica il riconoscimento che i diritti non siano di appannaggio solo dell’Uomo, ma anche di altri “abitanti” del nostro Pianeta.

Poi ancora, per tornare alla questione animale, è stata introdotta una fattispecie importante per dare una risposta alla domanda iniziale: l’art. 189, c.  IX° bis, del Codice ella Strada, impone, in caso di investimento di un animale, l’obbligo per il conducente un auto, di: “fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea  ad  assicurare  un  tempestivo intervento di soccorso agli animali  che  abbiano  subito  il  danno”. In questo caso è l’animale che è titolare del diritto ad essere soccorso: non vi è un’altra ragione, come per esempio di tutela della incolumità delle persone, o della circolazione dei veicoli (umani).

Non si creda che solo il nostro ordinamento senta la necessità di costruire una tutela degli animali: anche oltre i nostri confini nazionali il problema e certamente sentito, ed addirittura affrontato giudizialmente. Sono note due sentenze: la prima emessa dalla Corte di Cassazione Argentina, che ha annullato una sentenza che dichiarava inammissibile una richiesta di liberazione di un Orango, disponendo quindi che il ricorso fosse trattato dal giudice di merito; la seconda pronunciata dalla Corte Suprema dello Stato di New York che ha ritenuto ammissibile una petizione sull’Habeas Corpus di due scimpanzé. Entrambe le sentenze sono molto interessanti perché stabiliscono che è ipotizzabile il diritto (cioè l’habeas corpus) di un animale a vedere tutelata la propria libertà personale e a non essere sottoposto a detenzione a tempo indefinito.

Ed ancora, di grande importanza per il nostro Ordinamento: l’art. 13 del Trattato di Funzionamento della Comunità Europea fa cessare definitivamente quell’antico retaggio per cui gli “altri esseri viventi” siano mere cose, riconoscendoli come esseri senzienti, capaci cioè di provare sensazioni, in grado di capire, di essere felici, o tristi, di provare dolore, di essere sensibili, di compiere valutazioni e prendere decisioni autonome, dotati perciò, come noi, seppure in forma diversa, di un’intelligenza da rispettare.

Si tratta di una norma positiva che, nell’attuale gerarchia delle fonti del nostro Paese, ha un rango di livello superiore, nel senso che ha validità immediata per il nostro Ordinamento in quanto non contraria ai principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale, esprimendo senza ombra di dubbio un diritto (quello al benessere), a cui corrisponde il dovere per gli Stati membri (ed i loro cittadini) di tenere “pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.

Ad oggi, perciò, resta indiscutibile che:

1) un diritto sia stato espresso,

2) questo dipenda dal riconoscimento della “capacità senziente” degli animali,

3) a fronte della statuizione del diritto, esiste un corrispondente dovere di tutela (da parte della comunità umana).

Ora, l’ultimo (il più difficile) passo: dove trovare il presupposto nella nostra Carta Costituzionale che ci imponga di attivarci, per impedire ad esempio che un animale allevato a scopi alimentari debba essere trattato secondo principi etologici corretti?

La radice di questo dovere di tutela la si può, a mio modesto avviso, ritrovare, nell’art. 2 della nostra Costituzione che impone un dovere generico di solidarietà (“politica, economica e sociale”, così recita il testo di questo articolo).

C’è da soffermarsi sul significato di solidarietà sociale. Una definizione facilmente reperibile dichiara la solidarietà indicare: “un atteggiamento di benevolenza e comprensione che si manifesta fino al punto di esprimersi in uno sforzo attivo e gratuito, teso a venire incontro alle esigenze e ai disagi di qualcuno che abbia bisogno di un aiuto”. E ancora: “la benevolenza è messa in moto da una volontà che mira al bene, intendendo che vi sia una voluntas, un atteggiamento spirituale che genera il desiderio di fare del bene”.

Sicuramente siamo ancora nella fase di una premessa interpretativa (certamente sintetica e sommaria, ma che delinea i confini dell’analisi) ed il risultato che ne possiamo trarre è che, in ultima istanza, non possano esistere “diritti senza doveri”.

La conseguenza pratica nella nostra disquisizione è che, nel momento in cui si riconosce la qualifica di “essere senziente” ad una forma di vita animata e se ne dichiari la tutela del suo benessere, cioè il suo diritto a stare bene, questo soggetto diventa titolare del diritto di vedere rispettata la sua sensibilità, a fronte del nostro dovere di rispettare gli animali non umani nella loro etologia.

Mi fermo ora, e vi lascio immaginare le conseguenze del ragionamento che abbiamo sviluppato: pensate a cosa può comportare avere l’obbligo di garantire il benessere degli “animali non umani”.

Milano, 10/12/2016 – GC

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